martedì 31 luglio 2018

Bellezza, mistero e secchiate d’acqua.


“Lo scienziato non studia la natura perché ciò è utile” - affermava Henry Poincaré; “la studia perché ne prova piacere, e ne prova piacere perché è bella”.  E non ci vuole tanto. Basta guardare il mondo con curiosità e rispetto. Oggi abbiamo raccolto dal prato davanti la colonia i piccoli insetti che saltellano, strisciano, volano e camminano tra un filo d'erba e l'altro... Lo stesso prato sul quale abbiamo giocato a battaglia si è trasformato in uno scrigno di biodiversità. Non solo insetti, ma anche fiori, piante, uccelli. 






C’erano cavallette, mosche scorpione, coleotteri, effimere, api e ci siamo accorti che ogni dettaglio racconta storie. Il maschio della mosca scorpione, per esempio, per attirare l’attenzione della femmina (e forse per evitare di finire sbranato da lei, come capita ad altre specie) le porta una preda in dono. Più grande sarà il dono più possibilità avrà di conquistare la femmine e quindi di riprodursi. L’effimera invece è un insetto elegante, lo stadio adulto dura pochissimo tempo, per alcune specie solo un giorno per altre non più di una settimana, non devono nemmeno mangiare, dovranno solo riprodursi e morire. E subito i bambini chiedono che senso ha vivere un solo giorno. Una domanda non diversa dalla ricerca di senso per chi vive 80 anni. Perché solo 80 e non 800?

Lo scrittore John Banville diceva che “Sappiamo tutto, ci hanno dato tutta l’informazione, però non ci hanno spiegato niente. Non si può spiegare.” Esiste sempre un mistero, un indicibile. Non perché non possa essere pronunciato ma semplicemente perché a molte domande non abbiamo risposta. 

E la leggerezza dell'indicibile ci ha portato a celebrare un matrimonio in colonia.



I fiori nascondevano un mondo di piccoli insetti visibile solo al binoculare, e ora i bambini sanno che quando regaliamo dei fiori stiamo regalando anche un mazzo di insetti.
Il sentimento di tutti non era di ribrezzo per quelle creature, ma di meraviglia. Esiste una bellezza. E la guardiamo non per cercare la sua utilità, ma perché è bella. Di questa bellezza si sono riempiti gli occhi i bambini anche oggi nel planetario per accorgersi che il nostro pianeta è prezioso e il cielo pieno di bellezza.


Perché di questa bellezza parla non solo la scienza ma anche il soffitto della Cappella degli Scrovegni di Padova, con migliaia di stelle dorate su fondo blu di polvere di lapislazzuli e azzurrite, ma ne sono testimoni anche le stelle dipinte da Van Gogh, da Mirò, o da Chagall. Troviamo il fascino per il cielo nei dipinti degli aborigeni e in quelli dell’antico Egitto, dai templi Aztechi alle pietre di Stonehenge, fino alla costruzione delle cattedrali europee.  Di questo incanto si nutrono i filosofi e i musicisti, mentre i credenti vedono nel cielo la gloria di Dio.
La scienza alimenta questo dialogo con l’infinito. Ma come dice bene Piero Boitani, “Le scienze devono essere coscienti che il loro impulso primo, le loro radici, affondano nello stesso principio che ispira l’artista e il filosofo: la meraviglia davanti la bellezza del cosmo.”

Tra le varie bellezze ci siamo accorti che quando diciamo delle cose non vere ci sudano le mani e con un microscopio si possono vedere le goccioline di sudore uscire. Se poi qualcuno chiede se ti piace quel ragazzo o quella ragazza, le mani si inondano di sudore. Avviamo così inventato una piccola macchina della verità. Sotto il microscopio abbiamo poi messo un po' di tutto. 








Oggi pomeriggio a Nante c’erano delle temperature più consone a Rimini che alle Alpi. E allora abbiamo indagato le mille proprietà dell’acqua e dei saponi, ovviamente sempre con occhio scientifico. E i 28 gradi sono diventati freschi e divertenti.


























C’è aria di primo di agosto. I bambini stanno preparando delle lanterne per festeggiare il compleanno della Patria. Il clima è sempre sereno. I bambini stanno bene, in casa c’è sempre una baraonda, ma è un sano baccano.

P.S1: Chi non avesse un account google e vuole scrivere ai bambini, può farlo con questa mail:  ideatorio@usi.ch
P.S 2: Come sempre altre foto qui: https://photos.app.goo.gl/zgyHdFFzAJTw1yxq8

lunedì 30 luglio 2018

Cosa collega una stella a un insetto e un insetto a me?


Ad aspettarci stamattina sul prato di Nante c’era una poiana, venuta a curiosare le attività delle colonia.  C’era anche un sole bellissimo. 

Oggi hanno preso avvio i  laboratori. Ma prima del laboratorio abbiamo iniziato la giornata con dei canti e una storia. La storia ci ricordava che non tutti sappiamo fare tutto, c’è chi ha certi carismi e chi altri. Ma nessuno è perfetto.



La diversità è un tema molto caro alla scienza. È nelle pieghe della diversità che l’evoluzione agisce, e nella struttura molle e duttile del cervello – e non da una perfezione cristallina - che scaturisce l’intelligenza e la coscienza.

Nel laboratorio di biologia abbiamo guardato da vicino gli animaletti raccolti ieri: piccoli esseri viventi che racchiudono una complessità incredibile. Le cellule di un plecottero contengono gli stessi elementi che abbiano noi nelle cellule (DNA, proteine, zuccheri, ecc.) I bambini si sono quindi subito chiesti che differenza c’è tra un plecottero e noi. Esattamente come se lo chiedeva Gregory Bateson quando scriveva: «Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei noi con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?». Sono domande interessanti che permettono di uscire dal sapere nozionistico e iniziare a connettere le parti con il tutto e il tutto con le parti.  Purtroppo sono anche le domande che  spesso vengono schivate. Ma i bambini le fanno.






E così dal plecottero ci siamo subito spostati a noi:  ci siamo guardati e abbiamo ammirato la diversità esterna, quella del corpo, con occhi, capelli, pelle, diversi.






A volte la diversità è solo nei capelli, a volte nel comportamento, a volte nelle cellule. Ma queste differenze non vanno cancellate, ma accolte per accorgersi che c’è spazio proprio per tutti.
Nel secondo laboratorio siamo andati nel planetario per vivere quel sentimento di piccolezza che solo il cosmo può suscitare in noi. La domanda dei bambini o di Bateson riemerge anche qui: quale rapporto abbiamo noi con il cielo, e il cielo con l’aragosta, e tutte le stelle con me. I bambini guardano, scoprono e fanno le domande giuste. Fa niente se non ci sono sempre le risposte, spesso quelle domande sono proprio le più belle.




I piccoli scienziati hanno anche provato a fare atterrare un uovo senza romperlo, lanciandolo dal secondo piano. Un problema che anche alla NASA e all'ESA devono affrontare quando vogliono fare atterrare delle sonde su Marte o sulla Luna. 








Nel pomeriggio spazio ai giochi: ci siamo infilati nel paesino di Nante, tranquillo  fin prima del nostro arrivo, e ricolmo di urla e schiamazzi dopo. Ci siamo scatenati, fra le case e le mucche,  con corse e giochi dai nomi strani: alce, pak, 14. Poi merenda con un’ottima torta fatta con la ricetta della nonna del cuoco Antonio e poi di nuovo giochi, giochi e giochi, perché siamo vivi ed è un grande regalo. Non vogliamo sprecarlo. 












In serata abbiamo accolto 5 esperti che ci hanno spiegato il significato di parole difficili. E dopo la buona notte cantata e accompagnata da storie, tutti a letto. 







Altre immagini: https://photos.app.goo.gl/zgyHdFFzAJTw1yxq8